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L’UTILITÀ DELLA LOOP VENOSA NELLA RICOSTRUZIONE MULTITESSUTALE DEGLI ARTI

L’UTILITÀ DELLA LOOP VENOSA NELLA RICOSTRUZIONE MULTITESSUTALE DEGLI ARTI

Unità Operativa di Micro_Chirurgia Plastica Ricostruttiva e Chirurgia della Mano

Direttore Dr. Michele Riccio

Zingaretti N., Riccio M.

 

 

Abstract

La vena grande safena può essere utilizzata “in situ” per creare uno shunt arterovenoso temporaneo per l’allungamento dei vasi riceventi nella ricostruzione microchirurgica di un arto.

Di seguito riportiamo i nostri risultati nei quali abbiamo utilizzato una tecnica con anastomosi singola in 3 pazienti che hanno presentato un trauma ad alta energia con fratture (tibiali o  radioulnari) associate a danni vascolari.

La costruzione di questa fistola arterovenosa permette un accesso arterioso ed un drenaggio venoso al lembo che viene utilizzato per coprire i difetti dei tessuti molli. In tutti e tre i casi, la procedura a singola anastomosi ha avuto successo; il lembo è sopravvissuto ed ha fornito buoni risultati a lungo termine.

L’uso della grande safena ipsilaterale “in situ” per la formazione di un loop arterovenoso può essere di grande utilità nella ricostruzione complessa degli arti. Questa rappresenta un tecnica affidabile, che  consente l’irrorazione dei lembi liberi con vasi “sani” e permette una copertura stabile della ferita ed, in una buona percentuale dei casi, di recuperare l’arto.

Introduzione

I lembi liberi vengono spesso utilizzati nella ricostruzione degli arti per coprire grandi perdite di tessuti molli.

Uno dei più grandi fattori per la buona riuscita del lembo libero è la scelta dei vasi riceventi.

Un lembo libero, di qualsiasi natura esso sia, necessita di  adeguati vasi riceventi su cui effettuare l’anastomosi microchirurgica, purtroppo non sempre reperibili, di idonea lunghezza e non traumatizzati, in prossimità della perdita di sostanza da ripristinare.

Emerge pertanto come sia frequentemente indicata la creazione di un nuovo sito ricevente incrementando in lunghezza e garantendo la qualità tissutale dell’asse vascolare, permettendo così di anastomizzare i futuri lembi liberi con maggiore possibilità di successo.

A tale scopo la tecnica più idonea è quella della fistola arterovenosa temporanea detta “loop”.

Un esteso trauma degli arti, comunque, di solito coinvolge anche i vasi locali, rendendoli inadeguati come vasi riceventi per il trasferimento di un lembo libero. In questi casi, è obbligatorio l’utilizzo di innesti di vena autologa per l’allungamento del peduncolo vascolare, o con l’interposizione di innesti o creando una loop arterovenosa.

Nella presente trattazione verranno illustrati casi in cui questa strategia chirurgica è risultata vincente confermata dall’eccellente esito sia clinico che strumentale.

 

 

TECNICA CHIRURGICA ED INDICAZIONI DELLA FISTOLA ARTEROVENOSA TEMPORANEA ( “LOOP” )  NELLA RICOSTRUZIONE POST-TRAUMA.

Nel traumatizzato complesso ed in altre occasioni (irradiazioni da radioterapia, infezioni croniche o precedenti tentativi ricostruttivi), lo “step” ricostruttivo si trova di fronte 3 ostacoli importanti:

1) non sempre è facile reperire vasi integri con portata sufficiente da consentire la buona riuscita dell’anastomosi microchirurgica e quindi la sopravvivenza del lembo

2) l’ energia di impatto può aver interrotto l’integrità vascolare lontano dalla regione da ricostruire

3) in un paziente monovaso, a causa dell’evento traumatico o per arteriopatia preesistente, l’impianto di un lembo e quindi il confezionamento di un’ulteriore anastomosi su di esso, creerebbe un eccessivo depauperamento del flusso ematico portando in sofferenza ischemica l’arto.

A tutto ciò si aggiunge la necessità di eseguire le anastomosi lontano dalla zona di trauma per sfuggire ai meccanismi flogistici (radicali liberi) che possono determinare la perdita del lembo.

La creazione di una fistola artero-venosa o “loop” temporanea può offrire la soluzione a queste difficili situazioni. Le anastomosi possono così essere confezionate su vasi di calibro, flusso e soprattutto lunghezza adeguati. A seconda dell’area anatomica da ricostruire il distretto ove si allestisce la “loop” è quello omerale o succlavio-ascellare per l’arto superiore, popliteo o femorale per quanto concerne l’arto inferiore.

In prima istanza è necessario eseguire l’esame ecocolorDoppler (ECD) per verificare la pervietà del circolo venoso profondo e l’idoneità della safena interna.

In caso di trombosi venosa profonda, il sistema safeno interno costituisce l’ unico circolo vicariante all’ostruzione del distretto venoso profondo. La sua rimozione pertanto è assolutamente controindicata.

Lo studio ECD deve inoltre valutarne precisi dettagli anatomici della safena al fine di permetterne l’utilizzo.

Criteri di assoluta non idoneità sono:

-diametro  < 3 mm o > 10 mm,

-presenza di ectasie o trombi all’interno del lume,

-esiti di varicoflebite.

Se la safena interna non è idonea si ricorre alla valutazione ed utilizzo di altri distretti del patrimonio venoso autologo, quali  safena esterna o cefalica.

Lo scopo di questo studio è stato quello di analizzare i risultati ottenuti nella nostra esperienza di utilizzo della loop venosa in tre pazienti con danni complessi e ampia perdita di sostanza dopo un trauma degli arti.

 

Caso clinico

Abbiamo utilizzato la fistola arterovenosa temporanea (loop) di safena interna per rivascolarizzare efficacemente il lembo libero nella ricostruzione degli arti in tre pazienti (uno di sesso maschile e due femminile) che si sono presentati presso il nostro ospedale dal 2008 al 2011.

I traumi,  due degli arti inferiori  e uno superiore,  erano insorti per grave schiacciamento o per meccanismo avulsivo con un’ampia perdita di sostanza ossea, vascolare e di altri tessuti molli.  In ogni paziente è stato eseguito un trapianto autologo di perone vascolarizzato mediante tecnica microchirurgica su precedente innesto safeno a “loop”. In un caso è stato posizionato per sostituire l’ulna mancante, negli altri due casi per ripristinare il gap tibiale e il mancato consolidamento del terzo distale del medesimo osso.

I nostri pazienti hanno presentato un trauma ad alta energia con fratture (tibiali o radioulnari) associate ad estesi difetti dei tessuti molli con coinvolgimento osseo e danno vascolare.

Questi pazienti hanno una frattura, secondo la classificazione di Gustilo, rispettivamente di IIIA, IIIB e l’ultimo IIIC.

La stabilizzazione ossea è stata effettuata mediante l’utilizzo di fissatori esterni ed è stata poi seguita dal debridment chirurgico.

In un paziente è stato pianificato un lembo libero di grande dorsale per ripristinare l’ampia perdita di sostanza dei tessuti molli; in un altro, invece, è stato utilizzato un lembo di gracile e susseguentemente un lembo ALT per coprire la zona della lesione.

L’angiografia preoperatoria aveva mostrato in tutti i casi l’occlusione dell’arteria dell’arto interessato. Nei due pazienti con trauma dell’arto inferiore, l’arteria tibiale posteriore non consentiva un’adeguata lunghezza del peduncolo utile per irrorare il lembo.

L’ impossibilità di reperire vasi idonei riceventi in prossimità del gap osseo viene risolta allestendo una “loop” temporanea di vena safena autologa. In tutti i casi è stata utilizzata la vena grande safena per allestire la loop.

 

 

Procedura Chirurgica

In tutti i pazienti è stato applicato un  protocollo terapeutico suddiviso in cinque fasi:

I – debridement chirurgico

II – ulteriore debridement chirurgico coadiuvato da metodiche integrate (OTI, VAC, antibioticoterapia mirata)

III – allestimento di “loop” artero-venosa temporanea con graft safeno,

IV – procedura microchirurgica riparativa eventualmente completata da innesti di derma per ultimare la copertura cutanea,

V – eventuale applicazione post-ricostruttiva di OTI o VAC.

 

Il tempo chirurgico vascolare prevede l’esecuzione di un’incisione, con paziente in posizione di decubito laterale, a livello del triangolo di Scarpa in prossimità della giunzione safeno-femorale per consentire il prelievo del segmento del “graft” (arto controlaterale a quello traumatizzato per gli arti inferiori) di lunghezza adeguata da concordare con il chirurgo ricostruttivo. L’innesto è stato raccolto dopo aver posizionato un tourniquet. Vengono legati tutti i vasi tributari.

Per garantire la direzionalità centrifuga del flusso ematico solitamente si utilizza la safena invertita, evitando la devalvolazione, procedimento più traumatico per i rischi di danneggiamento della parete venosa. Dopo eparinizzazione sistemica (100 u.i./kg) si esegue il clampaggio dell’arteria e si procede ad anastomosi termino-laterale ( T-L ) veno-arteriosa, generalmente con sutura semicontinua interrotta in monofilamento di nylon 6-0 o 7-0. Dopo tunnellizzazione sottocutanea (extrafasciale) della safena, si procede alla anastomosi tra “graft” e vena in T-L con analoghe modalità.

Dopodiche nel post-operatorio viene effettuato un controllo con ecocolorDoppler che consente di evidenziare eventuali anomalie (trombosi e varicosità dell’ansa arterovenosa). La radiografia di controllo intraoperatoria conferma il corretto posizionamento del “graft”.

Si è quindi proceduto allo “step” ricostruttivo microchirurgico di trapianto di perone vascolarizzato, avvenuto 2 settimane dopo il confezionamento della “loop”.

Per garantire l’ effettiva presenza di vasi nutritizi al perone da trapiantare e la pervietà del sistema arterioso tibiale, si esegue arteriografia che mostra un normale quadro anatomico.

 

 

Discussione:

La “loop” artero-venosa temporanea può contribuire ai processi riparativi, fungendo da “base” per l’innesto di lembi liberi qualora non siano presenti vasi nativi riceventi appropriati o quando sono necessarie migliori caratteristiche di flusso; inoltre consente l’impianto del lembo libero nel contesto di una chirurgia ricostruttiva, permettendo di eseguire le anastomosi senza pericolo di angolazione ed eccessiva tensione. Nonostante l’ ampia versatilità di tale tecnica in letteratura non sono annoverati molti casi.

L’ innesto di safena autologa è ampiamente usato nella traumatologia vascolare allo scopo di ripristinare il flusso post-ischemia dell’arto superiore. Il suo uso si estende anche all’arto inferiore dove gioca un ruolo principe nella rivascolarizzazione dell’asse femoro-popliteo, femoro-tibiale, plantare o tarsale laterale, tibio-peroneale e a.dorsale del piede.

Gli shunt arterovenosi possono essere utili nella ricostruzione degli arti, poiché incrementano il flusso vascolare, consentono un allungamento del peduncolo vascolare ed agevolano la possibilità di anastomosi lontano dalla zona lesionata senza tensione. Per la creazione di shunt AV vengono di solito prelevati gli innesti autologhi dalla vena grande safena controlaterale, ed anastomizzati nella parte prossimale dell’arteria e vena dell’arto leso.

Dopo 1-3 settimane il loop viene diviso e le sue due estremità vengono anastomizzate al peduncolo del lembo trasferito.

La microchirurgia ricostruttiva è uno strumento molto efficace nel trattamento dei traumi complessi degli arti con ampia perdita di sostanza politissutale.

In letteratura sono riportati tassi di successo del 95% per questa metodica chirurgica.

Il raggiungimento di un risultato così soddisfacente necessita di un ottimale sito vascolare ricevente. Spesso infatti i vasi prospicienti la regione traumatizzata sono danneggiati o aterosclerotici, non utilizzabili quale sede anastomotica.

Nel paziente traumatizzato accade spesso che gli unici vasi idonei reperibili siano a notevole distanza dalla perdita di sostanza. Un’alternativa possibile è l’ interposizione di “graft” safeno per ricostruire il “gap” vascolare arterioso e venoso. Questa tecnica tuttavia ha riportato numerosi tassi di insuccesso.

Allo scopo di ridurre le complicanze di un innesto venoso, l’ allestimento di una fistola artero-venosa temporanea, detta “loop”, è stata descritta da vari autori per risolvere casi complessi di trasferimento di lembi liberi in tutti i distretti corporei (testa e collo, tronco, arti superiori ed inferiori )

Il concetto chirurgico alla base della “loop” temporanea è di creare un condotto artero-venoso sufficientemente lungo da poter raggiungere l’ area danneggiata con vasi vitali, a bassa resistenza ed alta portata.

L’ allestimento della “loop” è una procedura di rapida esecuzione, con bassissimo tasso di morbidità che può avvenire secondo due diverse tempistiche operatorie: “one stage procedure” (unico tempo chirurgico) o “two stage procedure” (due tempi operatori).

Nel primo caso viene confezionata nel medesimo tempo chirurgico di trasferimento del lembo libero, sezionandola immediatamente nelle due componenti arteriosa e venosa.

Nel secondo caso viene allestita in un intervento chirurgico che precede di alcuni giorni o settimane il trapianto del lembo microchirurgico.

È fortemente dibattuto quale sia la strategia migliore, non essendoci un consenso unanime sulle indicazioni di utilizzo di una metodica piuttosto che di un’altra.

La procedura “one stage” permette di incorporare in un unico momento operatorio i due intereventi (confezionamento della “loop” e trasferimento del lembo libero) ma pone in serio rischio il trasferimento del lembo: una complicanza trombotica o emorragica dell’anastomosi appena compiuta non permetterà l’esecuzione del trapianto microchirurgico o ne comprometterà la vitalità se questo è stato eseguito da poco.

La tecnica “two stage”  presenta innumerevoli vantaggi.

In caso di trombosi od altra complicanza relativa alla “loop”, il lembo libero non è perduto e la stessa fistola artero-venosa può essere riallestita di nuovo in un intervento successivo di breve durata.

È da sottolineare come il paziente sia sottoposto solo ad un basso rischio di sviluppare una trombosi poiché le caratteristiche emodinamiche di alto flusso e bassa resistenza rendono questo evento improbabile.

La “loop” rimane in sede per giorni o settimane prima che venga utilizzata come sito ricevente i vasi del peduncolo del lembo libero. Alcuni autori suggeriscono un periodo di 2 settimane, permettendo così al tessuto endoteliale di rivestire interamente la superficie del tratto anastomotico. Non essendoci una superficie priva di endotelio, la formazione di trombi è resa ancora più improbabile.

Il monitoraggio con metodica ECD permette una diagnosi precoce e tempestiva di questo evento avverso e di trattarlo adeguatamente.

La metodica “two stages” è ottimale nei pazienti con comorbidità poiché permette di “dividere” un intervento chirurgico di lunga durata ( “loop” e trasferimento di lembo ) in due atti operatori di più breve decorso.

L’equipe che ha curato i casi descritti considera la metodica in due tempi più sicura, evitando che complicanze relative alla “loop” possano compromettere il processo ricostruttivo.

È bene tuttavia considerare gli effetti emodinamici di una fistola artero-venosa mantenuta per lungo tempo, riferibili essenzialmente all’aumento del flusso attraverso la “loop” stessa.

Questo passaggio “anomalo” del flusso ematico da un compartimento ad alta pressione e bassa portata ad un altro con caratteristiche opposte, genera un abbassamento sistemico della pressione arteriosa ed un aumento di quella venosa periferica e centrale incrementando così il precarico ventricolare destro.

In un paziente con normale performance cardio-circolatoria, questi effetti emodinamici sono corretti da un aumento della frequenza cardiaca e della contrattilità miocardica. In un soggetto con insufficienza cardiaca o altra cardiopatia che non consentono un buon output, l’allestimento di una “loop” porterebbe un aumento del precarico che non potrebbe essere adeguatamente compensato da un aumento della funzione cardiaca facendo così precipitare il quadro clinico verso un edema polmonare acuto o infarto miocardico.

Molti autori hanno portato diversi risultati circa la validità della metodica “one stage” o “two stage” constatando che non esiste accordo unanime.

Nei pazienti  presi in esame non è stata riscontrata nessuna patologia cardiaca che potesse precludere l’ utilizzo di “loop” safeno.

Nella casistica riportata in questa trattazione non si sono verificati eventi avversi concernenti la “loop” o il trapianto dei lembi liberi.

La microchirurgia ricostruttiva si è dimostrata una metodica efficace nel ripristino anatomo-funzionale dell’ arto interessato.

I risultati clinici e strumentali riportati nella presente trattazione confermano la validità della metodica. Le metodiche microchirurgiche consentono una vastissima gamma di tipologie di interventi ricostruttivi, applicabili negli ambiti più disparati, senza alcun limite dimensionale della zona da trattare ampliando moltissimo le possibilità terapeutiche.

 

Conclusioni

L’ approccio multidisciplinare al paziente traumatizzato è considerato oggi la base da cui deve partire l’ intervento medico-chirurgico.

La metodica combinata di allestimento di “loop” safena temporanea e trapianto di uno o più lembi liberi si è rivelata essere un approccio vincente per una tipologia selezionata di pazienti, riportante un’estesa perdita tissutale accompagnata dall’interruzione dell’asse vascolare distante dalla regione da ricostruire.

 

 

 

 

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